La storia di coraggio e amore di Felicia Impastato interpretata da Lunetta Savino

Incrociare la propria storia con una più grande e diventare così un esempio per le giovani generazioni. Felicia Impastato avrebbe fatto volentieri a meno delle battaglie che ha dovuto combattere nella sua vita. Eppure quella piccola donna – interpretata da Lunetta Savino nel film diretto da Gianfranco Albano – ha saputo dire di no alla mafia. Portando avanti con coraggio il discorso intrapreso dal figlio Peppino, ucciso il 9 maggio del 1978, nello stesso giorno della morte di Aldo Moro. Una lotta, quella della signora Bartolotta Impastato, intraprese proprio per impedire al mondo di dimenticare il sacrificio di quel ragazzo che in tutti i modi fece sentire la sua voce contraria alle logiche della criminalità organizzata.

Felicia Impastato

Ma chi era Felicia Impastato?

Non pensate ad una donna rassegnata, ad una semplice moglie devota. Perché Felicia, sposa innamorata di Luigi Impastato nel 1947, non è mai stata una muta custode dei segreti del marito, legato ad alcune delle famiglie mafiose più note di Cinisi. «Io allora non ne capivo niente di mafia, altrimenti non avrei fatto questo passo» racconta nella biografia, La mafia in casa mia, scritto nel 1987 da Anna Puglisi e Umberto Santino. Trasmise quello spirito ribelle anche ai figli Peppino e Giovanni, il cui ruolo fu essenziale negli anni successivi all’omicidio di Giuseppe.

Felicia Impastato, insomma, mal sopportava l’idea di essere imparentata al boss Cesare Manzella, cognato del marito Luigi. La morte di Manzella nel 1963 fu il primo evento tragico a scuotere la sua famiglia, dove le liti erano all’ordine del giorno. Il più colpito fu naturalmente Peppino che all’epoca aveva solo 15 anni. Il ragazzino decise in quel momento da che parte stare: quella della legge. La madre non poté fare altro che accettare la scelta figlio, sapendo benissimo a quale destino sarebbe andato incontro. Soprattutto dopo la morte misteriosa del padre Luigi in un incidente stradale. Chi avrebbe protetto Peppino?

Felicia Impastato

Un’immagine dai funerali di Peppino Impastato

Lo fece sua madre, che provò in tutti i modi ad arginare la veemenza del suo ragazzo. Quando Peppino venne ucciso dalla mafia, che provò a mascherare la sua morte come incidente, anche Felicia Impastato fece la sua scelta di campo. E si impegnò anima e corpo per ottenere giustizia. Il suo fu un percorso eroico. Prima donna a costituirsi parte civile in Italia, ruppe i contatti con i familiari. E aprì casa sua a tutti gli estimatori di Peppino, a quelli che lo avevano amato e supportato dall’inizio e a quelli che invece non lo conoscevano ma volevano saperne di più.

Nacque così l’esperienza fondamentale del Centro siciliano di documentazione di Palermo che grazie alle denunce e alle testimonianze riuscì a far riaprire l’inchiesta giudiziaria. Così, nel 1984, su indicazione del compianto Rocco Chinnici, assassinato a sua volta dalla mafia, il giudice Antonino Caponnetto riconobbe la matrice mafiosa del delitto Impastato, attribuendolo ad ignoti.

Felicia Impastato
Il volto sorridente di Felicia

Felicia Impastato, però, sapeva bene il nome del mandante: Gaetano Badalamenti. Far riconoscere la colpevolezza del boss divenne la sua ragione di vita. I magistrati si pronunciarono diversi anni dopo, nel 2001, quando la Corte d’Assise di Palermo condannò Badalamenti all’ergastolo per l’omicidio di Peppino Impastato. Nel corso delle indagini fu accertata la responsabilità delle istituzioni che depistarono gli inquirenti. Questo, però, Felicia, scomparsa nel 2004, non lo scoprì mai. Ebbe comunque la soddisfazione di vedere dietro le sbarre l’uomo che uccise suo figlio.

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Fonte: Hotcorn




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